Scelte di sostenibilità peggio dell’inflazione

Mentre lo spettro della stagflazione si aggira per l’Europa, gli effetti di scelte ideologiche avanzate dalla Commissione Europea sulla sostenibilità ambientale potrebbero rivelarsi peggiori dell’inflazione sull’economia del Vecchio Continente. Ultimo esempio in tal senso l’equiparazione degli allevamenti e in generale della zootecnia alle industrie più inquinanti con relativa richiesta di normalizzazione.

Emissioni inquinanti allevamento Macchine Trattori

Prima i divieti all’utilizzo delle modificazioni genetiche, anche le più moderne. Poi le assurde valutazioni semaforiche relative alla salubrità dei cibi e le etichette terroristiche per il vino. Ora la Commissione Europea va alla carica degli allevamenti considerandoli al pari delle industrie più inquinanti e quindi da “normalizzare”.

Ciò, come sempre, sulla base di considerazioni prettamente ideologiche e prive di concretezza. Gli allevamenti europei sarebbero tra i maggiori responsabili delle emissioni di anidride carbonica e gas climalteranti. Più dell’industria, più dei trasporti e più del residenziale. Tesi priva di fondamento ma più volte ribadita e di conseguenza fatta propria anche da quei media che preferiscono rincorrere il compiacimento dei potenti piuttosto che curare la qualità dell’informazione.

Stucchevoli proclami elettorali

Nel caso specifico, i legislatori europei sono partiti dall’idea che sia più facile ed elettoralmente proficuo attaccare il settore agricolo piuttosto che altri. Giocando sul fatto che è costituito da aziende che per dimensioni e fatturati non possono competere con l’industria. Limitato è inoltre l’indotto diretto in termini di occupazione e quindi di voti.

Da qui le accuse di cui sopra spesso avanzate in termini sensazionalistici e sconfinanti in vere e proprie forme di terrorismo mediatico. Intendiamoci, nessuno nega che gli allevamenti non siano emettitori netti di inquinanti. Come d’altra parte risulta essere qualsiasi attività umana. Ma si deve inquadrare correttamente il problema partendo da dati oggettivi e super partes. Quali, per esempio, quelli proposti da Ispra, l’Istituto Superiore per la Protezione Ambientale.



Solo il cinque per cento e non netto

L’Ispra ha evidenziato come il contributo degli allevamenti alla produzione di gas serra incida solo per poco più del 5%. A fronte di un contributo totale del settore agricolo di poco superiore al 7%. Quanto sopra a fronte di contributi ben superiori forniti dai settori dei trasporti, 24%, del residenziale, oltre il 19, e delle industrie energetiche. Anche loro attestate attorno al 24%.

Emissioni gas serra per settore Ispra 2018
Emissioni di gas serra per settore dal 1990 al 2018 (Mt CO2 eq.). Fonte: Ispra 2018

Senza dimenticare che la zootecnia, a differenza di tutti gli altri settori, non è un emettitore netto in quanto gli animali mangiano erbe e granaglie che, nella loro vita, hanno assorbito anidride carbonica. Sempre secondo i dati Ispra inoltre nel periodo 1990-2018 l’agricoltura ha inoltre ridotto le proprie emissioni del 13%. Esattamente come l’industria, mentre i trasporti, le emissioni di tipo residenziale e quelle legate al ciclo dei rifiuti hanno visto accrescere le proprie.

Emissioni gas serra settore agricolo Ispra 2018
Il contributo del segmento agricolo alle emissioni di gas serra a livello nazionale nel 2018 valutato dall’Ispra costituisce il 7,1% delle emissioni totali. Fonte: Ispra 2018

Inoltre non si può disconoscere che la zootecnia ha fatto passi importanti nella sostenibilità. Riducendo le emissioni per chilo di prodotto in misura rilevante grazie alla razionalizzazione delle tecniche di allevamento e di alimentazione. Tanto che in parecchi casi il bilancio complessivo risulta positivo. Il carbonio sequestrato supera quello emesso.

Scelte di sostenibilità peggio dell’inflazione

Quello che i commissari sembrano poi non aver chiaro è che i prodotti degli allevamenti sono diretti all’alimentazione e la carne è fondamentale per l’apporto di amminoacidi essenziali, poco reperibili in altri alimenti. Misure eccessivamente restrittive per gli allevamenti metterebbero quindi in crisi il settore dando contemporaneamente luogo a un aumento delle importazioni di carne da Paesi che, per loro fortuna, non sono tenuti ad assecondare le smanie ambientalistiche dei governanti europei.

Allevamento

Problema che peraltro già si sta profilando in campo auto, uno dei più importanti mercati continentali, che a causa delle miopie ambientalistiche europee è entrato in crisi. Della cosa ne stanno approfittando i produttori cinesi ai quali nulla importa dell’ambiente, della sicurezza e più in generale dei diritti dei lavoratori.

Contenere le emissioni è in definitiva un obiettivo indiscutibile, da raggiungere in maniera equilibrata, senza dar luogo a svantaggi competitivi che giocano a favore di terzi.

Scelte di sostenibilità peggio dell’inflazione

Autore: Fabio Fracchia

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